domenica 13 settembre 2009

Quanto è piacevole portare la nostra attenzione sulla famiglia, sulle relazioni d'amore, sulle relazioni familiari?

Percorso di Preparazione al Convegno Doc_6


Famiglia è calore.

Essere a casa nostra, con le persone della nostra famiglia, accanto al fuoco.
E’ una percezione che ci scalda il cuore e ci dà senso di benessere, di protezione. La famiglia del giorno di Natale, dei momenti di festa, di vicinanza affettiva. Quando in primo piano c’è lo star bene insieme. Con cibi buoni. Lontani dagli impegni di lavoro, dai mille adempimenti quotidiani.

Famiglia è tante cose da fare.

Poi torna la quotidianità. Corriamo, ci ‘sbattiamo’. Siamo esperti giocolieri del mettere insieme il lavoro che ci procura entrate economiche, le faccende e l’organizzazione della vita in casa, la spesa e la preparazione dei pasti, l’accudimento di genitori non più autosufficienti, di figli, di animali domestici, il giardino, la salute, lo svago, la vita culturale e sociale, le relazioni di amicizia, la nostra vita interiore…Abbiamo tutti da fare, fare, incessantemente. E vita in famiglia diventa a volte soprattutto lavoro, lavoro…
L’incipit del convegno con Serena Melloni, dottoressa in storia moderna ed operatore olistico, ci porterà alle nostre radici collettive. Ci farà cercare nelle regole dei rapporti familiari del passato, per scoprire che possiamo ‘fare una cernita…decidere deliberatamente cosa buttare via, cosa trasformare a nostro uso’. ‘Alcuni valori si riveleranno preziosi…altri ci appariranno come un peso e una costrizione’.
Guidati da lei, saremo aiutati a fare una verifica costruttiva sul ‘pacchetto matrimonio’ che abbiamo inconsapevolmente acquisito, sia che siamo sposati, sia che non lo siamo.

Che sensazione si risveglia adesso in noi pensando alla famiglia, alla coppia, ai genitori, ai figli?

Cinquant’anni fa i ‘libri di lettura’ delle elementari vertevano sull’elogio della famiglia ‘nido d’amore’. ‘La mamma è l’angelo della casa’ ricordo di aver trovato scritto e di aver dovuto leggere ad alta voce scandendo con espressione (c’era il voto di lettura in agguato). E’ ancora lì il gigantesco punto di domanda che mi si è formato dentro. Mia madre era sempre stanca, e, legittimamente, non ce l’ho con lei, quando non ne poteva più della casa e di noi, urlava e ci picchiava. Oppure ci chiedeva di ‘aiutare’ nelle faccende domestiche, facendoci pesare (e come avrebbe potuto non farlo?) la fatica ad allevare da sola cinque figli. Ero certa che gli angeli fossero un po’ più leggiadri.
Un segnale dei miei passaggi di trasformazione interiore è stato ritrovare il gusto di stare con le mani nell’acqua e la schiuma, lavando i piatti. L’obbligo di farlo ‘quando toccava a me’ l’aveva in passato reso un incubo. Adesso i figli che abbiamo sono di meno. Ma abbiamo anche un lavoro, e lo stress a cui siamo sottoposti è ancora di più. I bambini hanno altri stress. Ma da dove arriva quel loro essere ‘sempre stanchi’ quando chiediamo loro di fare un lavoro domestico? E pronti a scattare, e c’è da essere felici quando è ancora così, quando possono giocare?
Non è raro che scorra pesantezza in quello che dobbiamo fare in casa, e che i ragazzi abbiano il rifiuto per quello che hanno da fare per ‘dovere’. Molta tensione nella relazione di coppia si catalizza intorno alla suddivisione delle incombenze, o al mancato apprezzamento di quello che si fa anche per gli altri in famiglia. E l’amore che ci aspettavamo e che eravamo certi di far scorrere nella nostra famiglia, dove finisce?

Cos’è la famiglia per noi?

Il posto dove non ne possiamo più di tornare per trovarci finalmente in uno spazio protetto, o l’ambito che pensiamo felicemente che domani, lunedì, lasceremo per almeno un bel po’ di ore, perché, per fortuna, si va a lavorare? Com’è il nostro rientro a casa, dove viviamo come single, o con un compagno, con figli, con genitori? Anche una casa in cui viviamo da soli è impregnata di quello che abbiamo interiorizzato come ‘pacchetto coppia-genitori-figli-famiglia’!
Perché non dura a lungo il senso di appagamento del ‘FARE INSIEME’ che sperimentiamo all’inizio di una convivenza? Quella allegria compartecipata che riusciamo a volte a riprodurre in momenti magici di serena collaborazione…Perché è quasi più facile godere del ‘fare insieme’ con persone che non sono della famiglia? Come esperienze di ‘famiglia allargata’, in cui si condividono la preparazione di pasti, di svago o studio, con amici, o con persone con cui abbiamo in comune principi o progetti, possono aiutare a ritrovare slancio di una piacevole vicinanza, di allegria? Servono momenti in cui ricordiamo che ‘non siamo in guerra tra di noi’. Che siamo come siamo, e non è certo quello che ci saremmo aspettati, ma che ugualmente ‘va tutto bene così com’è’!
Come arrivare a condividere le incombenze con amore, anziché per costrizione, o senso di colpa?
E che sensazione ci dà la protezione che comunque troviamo, lì in famiglia, tra persone con cui abbiamo per tanto tempo condiviso ciò che per noi è ‘CASA’?
Un contenimento rassicurante, per fortuna. Perché però può anche capitare che ci sentiamo allo stesso tempo un po’ soffocare? Forse nel ‘pacchetto matrimonio e famiglia’ non era contemplata la libertà di essere pienamente se stessi?

La possibilità di fare un salto

Nella logica di integrazione e/e ( vedi Doc_5 ), c’è uno spazio di mezzo tra le due polarità estreme.
Da una parte il sentirsi protetti nella relazione di coppia, o cercati ed utili nelle relazioni con i genitori ed i figli, che limita la piena espressione di noi stessi. Dall’altra la libertà da vincoli familiari, che lascia con un senso di non appartenenza, e che comunque non evita la sterilità creativa.
Come essere in famiglia, in coppia, o persone in relazione con se stesse, senza chiudersi in un bozzolo di autolimitazione?
Possiamo fare un salto di percezione, facendo scivolare via dalla nostra coscienza l’identificazione tra il senso della relazione/legame di appartenenza a qualcuno, e il vincolo di totalità esclusiva. E’ il nucleo atavico, ed infantile, dell’amore esclusivo, che chiede il sacrificio di se stessi.
Come avremo modo di vedere con la seconda relazione del convegno con il dr. Giuliano Guerra, medico, psichiatra e psicoterapeuta, siamo ora tutti in uno spazio in cui possiamo scegliere come proiettarci nelle relazioni d’amore, nelle relazioni familiari. Ne parleremo nel prossimo documento.
Per ora guardiamo avanti, nella prospettiva di POTERCI APRIRE AD UN SENSO DI RELAZIONE E DI FAMIGLIA che, anziché chiuderci nella parte peggiore di noi stessi, a pulire, lavare, cucinare, consigliare, incoraggiare, strigliare … e lamentarci o arrabbiarci, ci permette di essere tutto ciò che sentiamo di poter essere. Anche PARTE DI UNA FAMIGLIA UMANA CHE STA RIORIENTANDO IL SENSO DELLA PROPRIA ESISTENZA E DI COSA SIA VIVERE UNA RELAZIONE D’AMORE.
Siamo nella stessa barca: se remiamo insieme andiamo avanti con meno fatica e più leggerezza. Siamo liberi di vivere l’appartenenza anche a contesti più ampi.

D.ssa Chiara Sozzi
Terapeuta delle Relazioni Familiari


In cosa ti ritrovi? In cosa stai sperimentando qualcosa di diverso?
Regala la tua esperienza alla community del blog! Bastano anche solo una sensazione od un pensiero di poche righe per creare il tuo senso di apertura ed appartenenza…
Inserisci qui, a seguire, nel Documento 6 inserito nel blog, il tuo
commento…

8 commenti:

Partecipazione/quattro/1 ha detto...

Mi sono sempre sognata, da piccola, che un giorno avrei avuto una FAMIGLIA, con un focolare, con un cane, con un marito amorevole, con un sacco di bambini.....e che avrei vissuto felice e contenta.....
.....sono cresciuta con la convinzione che senza famiglia non ci può essere completezza, non ci può essere felicità, non ci può essere niente; sono cresciuta in una normale e felice (spesso solo in apparenza, ma questo l'ho capito troppo tardi, quando ormai il senso di "famiglia felice" era già fortemente radicato in me!!!!)famiglia "medio borghese".
La vita, beffarda, mi ha portato ad essere esattamente l'opposto del personaggio dei miei sogni: sono single a 41 anni (la cosa che più mi è mancata è che nessun uomo mi abbia mai VOLUTA sposare - esigenza decisamente "fuori moda", ma, anche se mi vergogno ad ammetterlo, per me molto importante come simbolo di accettazione!); ho una bimba di 4 anni che ho desiderato solo io; ho fatto la "matrigna" di tre ragazzini per sette anni (giuro, mettendoci anima e cuore per cercare di creare una parvenza di famiglia), che alla prima occasione mi hanno messa alla porta senza tanti rimpianti....
Insomma, un successone!
L'unica cosa che so, è che il giorno in cui ho deciso di rassegnarmi e di stare nella situazione in cui ero, pur di avere una "parvenza" di famiglia in cui vivere (per soddisfare i miei sogni di bambina), è stato il giorno in cui ho incominciato a spegnermi.....adesso, da 6 mesi, ho detto basta a tutto e a tutti e, anche se è faticosissimo e fa malissimo, sto cominciando a pensare di aver fatto la cosa giusta!

Progettazione/diciassette/Chiara Sozzi ha detto...

Grazie del nostro coraggio donne, passo dopo passo, ci riusciamo a rimettere insieme la nostra vera identità. Grazie a tutte noi.

Progettazione/diciassette/Chiara Sozzi ha detto...

SU RICHIESTA, INOLTRO UNA COMUNICAZIONE INVIATA DIRETTAMENTE A ME DA :

Partecipazione/diciasette/1

Ho letto il doc. 6

Mi ci ritrovo in pieno.
A volte in famiglia mi sento veramente soffocare. Mi sento in dovere di giocare, anche se non ne ho voglia, quando mio figlio mi chiede giochi con me? Mi sento in colpa quando gli dico di no perchè in quel momento non posso perchè magari devo far da mangiare... E allora arriva il senso di soffocamento e la rabbia del non riuscire a fare una cosa con tranquillità. Va meglio, quando mi concedo del tempo..del tempo anche per fare niente, per dormire, per uscire. E' sempre troppo poco ancora, voglio imparare a concedermi di più me lo merito...se lo merita la mia famiglia perchè se io sono serena lo è anche il mio bambino. La cappa di pesantezza arriva quando entro in relazione di coppia. Cambiano le dinamiche. Lo sento energeticamente, è come se mi mettessi un cappello ed entrassi a recitare una parte. Che barba !! Sto imparando piano piano a uscire dal "senso del dovere" perchè mi ha proprio rotto le scatole. un saluto a tutti. :)

L'Oscura Signora ha detto...

Mi sono separata 13 anni fa quando la mia bimba più piccola aveva 6 mesi ed il più grande 6 anni. Pochi mesi dopo la separazione stavo malissimo, ero nel culmine di una crisi depressiva molta forte ed ero tornata a vivere con i miei per necessità economiche e psicologiche; mia madre vedendomi deperire giorno dopo giorno ed essendo molto preoccupata di questa situazione, un giorno per cercare di alleviare la mia sofferenza mi ha detto: "forse è meglio che torni con tuo marito, intanto che ti vuole ancora". Me l'ha detto con dolcezza, come può esserlo una madre preoccupata per la sorte della figlia, ma lei conosceva bene il motivo della mia separazione, sapeva bene che era stata calpestata la mia dignità di madre, di sposa e di essere umano e queste parole (...intanto che ti vuole ancora)dette da mia madre mi hanno ferito a morte. Non le ho detto nulla, ma ho pianto a lungo sentendo un dolore che mi squarciava il cuore.
Di fatto nessun uomo mi ha più voluta, nel senso che nessuno mi ha più chiesto di sposarlo.
Mi sto chiedendo ora, dopo 13 anni, se dentro di me, nel mio profondo, a qualche livello io abbia delle credenze di indegnità...
Non me ne è mai importato nulla in questi anni, ma forse non ci avevo nemmeno pensato più di tanto. Ora, nei confronti dell'uomo che amo, sento in fondo al cuore una vocina che ogni tanto sussurra e mi dice "ma se ti vuole bene e dice di amarti perchè non ha il desiderio di condividere la vita con te e di fare famiglia?"

Stefy ha detto...

Avete presente la favola di Hansel e Gretel?...beh,mi ha sempre infastidito, soprattutto la strega,e mai e poi mai avrei pensato di "ritrovarmi" in lei !!!
Sì,credo,pur con tutto l'amore del mondo, di avere creato una casa tanto appetitosa...col tetto di cioccolato e le finestre di zucchero...profumini deliziosi di pranzetti ben cucinati,letti puliti alla lavanda...biancheria sempre pronta...musiche soffuse...
e dietro l'angolo:
UNA BELLA GABBIA!
(per chi non mi conosce) sono una persona dolcissima- a detta degli altri- molto disponibile e paziente,anche allegra quanto basta o comunque sempre alla ricerca della positività...e allora perchè questo paragone ?
Ma semplicemente perchè pensando alla famiglia mi è venuto in mente questo. In casa ogni angolo parla di me,e anche se ho sempre accusato i familiari (marito e figli) di essere totalmente disinteressati,in realtà credo di avere deciso incondizionatamente quali cose e dove dovessero essere sistemate per creare un'atmosfera...magica ed accogliente ! In realtà sembrerebbe che davvero la mia (nostra) casa lasci trapelare una bella sensazione di..."benessere", questo da più persone che ci vengono a trovare e così sarà davvero,ma da quando sto cercando di "vedere" la cosa in modo diverso,mi sto rendendo conto che c'è ancora tanto lavoro da fare soprattutto sulla "LIBERTA'",reciproca,che io vivo come il problema principale.
Ho sempre vissuto la famiglia come il "posto" più sicuro al mondo,al punto che probabilmente mi sono fatta l'idea,messa poi in pratica, che solo pochissimi intimi possano varcare la soglia e che sia prudente difendere la privacy con le unghie e con i denti.
La mia famiglia oggi è...sola,una bella famiglia direi che col tempo e molti sforzi reciproci è cresciuta...ha superato bufere e tempeste...si è icrinata e ricostruita...ancora si incrina ma evidentemente la volontà di base è quella di resistere...e crescere.
L'idea del camino acceso e del fuoco c'è sempre...magari con la neve che scende giù,ma c'è tanta solitudine e forse la paura di rompere una sorta di incantesimo che farebbe vedere che in realtà il "sacrificio" di tanta parvenza di gioia è troppo pesante...io mi sono creata la "trappola" da sola,con le mie stesse mani, e ho intrappolato gli altri,con me.Ho forse dimenticato che chi vive con me ha una "sua" vita ? Non essendo riuscita ad avere mai la "mia" di vita forse,proprio come una strega infelice ed invidiosa ho impedito che altri lo facessero?
Perchè,se no ci sarebbe una figlia (eterna adolescente...creatura straordinaria di un altro pianeta)di trent'anni che non riesce,o non vuole "uscire di casa"?
E' giusto,o meglio, è sano che un figlio non veda l'ora di stare in casa e senta che questo è praticamente l'unico NIDO sicuro? E poi sarà veramente così?

Progettazione/diciassette/Chiara Sozzi ha detto...

RICEVO E PUBBLICO SU RICHIESTA DI:

Partecipazione/dieci/1


...rispetto alla mia famiglia d'origine, credo che ci sia sempre stato questo alone da "famiglia felice in cui va tutto bene, tutti sono accolti e si vuol bene a tutti" da cui noi 3 figli siamo scappati il più presto
possibile!! (io a 20 anni andando a vivere in una comunità!)....mi è sempre comunque rimasto aperto il desiderio forte e grande di relazioni familiari calde, appaganti, dove potersi sentire "a casa"...e le ho cercate in tutti i
modi, anche sperimentando situazioni di convivenza e condivisione da "famiglia
allargata", ma non riuscendo mai a definire e stabilire un reale confine tra me e gli altri...cosa che mi ha portato ad oscillare dalla fusione-innamoramento
dell'inizio al desiderio di fuga del proseguimento...ora, rispetto alla famiglia formata da me, il mio compagno, e mio figlio di 2 anni, sento il bisogno di fermarmi e dire BASTA al mio maschile efficientista ed autoritario, e BASTA al mio femminile che sa soltanto sacrificarsi x gli altri
x poi riscuotere il prezzo del suo sacrificio.... voglio tornare a casa la sera, e sentire il calore del fuoco acceso, e smettere di desiderare sempre qualcos'altro che non è quello che ho in questo momento... come si fa? è bello
condividere valori, sentimenti, emozioni con altre persone, creare reti di scambio, di apertura, "famiglie allargate" come quella che si sta creando x
questo convegno...ma io voglio sentire scorrere amore ed unione anche tra le mura di casa mia!!

partecipazione/due/1 ha detto...

I figli...per me sono il succo della vita,l'appagamento.
Sono fiera di essere donna anche perchè questo mi ha dato la possibilità di essere madre,mio figlio è il bene più grande,la mia gioia infinita ed ora sono doppiamente felice perchè sono in Dolcissima attesa della mia bimba,cossa volere di più dalla vita se non i figli.
ho imparato a vivere più da mio figlio che da qualunque altra persona incontrata,mi ha cambiato la vita arricchendola di una forma di Amore incomparabile.
La famiglia? per me è un concetto molto esteso,non credo el matrimonio e nella famiglia tradizionale,credo che la famiglia è soprattutto quella he senti tua,quella che scegli.amo i miei genitori ma più per quello che sono che per il loro ruolo e non credo nel creare a tutti costi una famiglia col padre dei propri figli se non è l'uomo "giusto",sono separata dal padre di mio figlio e mai ,nemmeno per un'istante ho vissuto dei sensi di colpa per questo,anzi credo di aver fatto il suo bene dando al mio bimbo un'altra famiglia,il mio attuale compagno è sempre stato più "padre" di quello biologico e come figlia di separati posso garantire che i genitori che restano assieme per forza,per il "bene dei figli" portano a quasti più dolore che gioia,crescere dove non c'è più amore,armonia non è un "BENE",meglio insegnare loro che L'amore và oltre a ruoli preimpostati,l'amore può varcare i confini dei gradi di parentela e crearsi là dove non esiste legame di sangue.
per questo credo che la famiglia sia un concetto più esteso di quella tradizionale e se sostengono che vadano di moda le famiglie "ALLARGATE"..ben vengano,se c'è amore,risppetto e armonia..l'importante è essere felici

Stefano Pace ha detto...

Se questo blog fosse un Oceano... ogni marinaio vorrebbe navigarvi, perché i venti sono belli, intensi e portano lontano.

Un focolare acceso, così intenso che a guardarlo ci si ipnotizza: osservandolo mi chiedo chi lo ha acceso? chi lo accudisce? chi vi si scalda? Ruoli, compiti, mansioni... La famiglia si trasforma a volte in una società a responsabilità limitata in cui ciascuno svolge un compito. E i compiti si svolgono in uniforme, spesso anche con delle maschere. Del resto il primo fuoco diede forse vita anche alle prime società umane, per spartirsi le prede della caccia più che per affermare legami emotivi.

Per trasformare il focolare in ciò che è, in un luogo di calore umano devo – io, non altri - togliermi dal viso la maschera dell’essere una persona calata nel ruolo di figlio e devo diventare un figlio che è anche una persona. Processo difficile, perché mi è più comodo abbottonarmi un’uniforme di arruolato che scegliere l’abito che rappresenta il mio vero io, il mio vero essere figlio.